Quel deposito di gas nelle zone del #terremoto che #Giovanardi voleva

Posizione di Rivara rispetto alle zone colpite dal sisma

In un articolo del 21 maggio 2012, il giorno dopo il sisma, Giovanni Tizian scrive sull’espresso un articolo in cui viene ricordato come proprio nell’area dell’epicentro, a Rivara di San Felice sul Panaro, “la società Ers (Erg Rivara Storage) vuole realizzare il deposito di gas naturale, presente nel sottosuolo di quell’area. L’impianto permetterebbe di stoccare 3,2 miliardi di metri cubi di gas a 2800 metri di profondità nel sottosuolo”.

Il fatto però è che sia la Regione che gli enti locali, sia i comitati cittadini hanno sempre posto dinnanzi al progetto un rigoroso NO. Quell’impianto non lo vuole nessuno, nessuno a parte la società in questione evidentemente, e l’onorevole Carlo Giovanardi (PDL), che sulla realizzazione dello stesso ha insistito fortemente. Ancora fino a 20 giorni prima del terremoto, come ricorda Tizian. Sulla questione si era mosso anche l’allora governo Berlusconi cercando con un decreto ad hoc di venire incontro alle pretese dell’allora Ministro Giovanardi.

Sulla faccenda c’è anche un botta e risposta tra l’ex presidente del consiglio e l’onorevole Giovanardi, lo potete trovare in questi due pdf di articoli del Resto del Carlino e L’Informazione.

Vi è poi una relazione ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Interessante da leggere perché analizza e riporta sia le proposte e le analisi del richiedente, sia le verifiche dell’istituto.

Riporto alcuni passaggi:

2.2.3.11.3.2 Caratteristiche sismiche della zona

Dall’esame del catalogo sismico INGV (1981-2006) il Proponente (cioè Ers, Erg Rivara Storage) ricava che la zona in esame “è caratterizzata da scarsa sismicità, localizzata fino a profondità crostali di 25 km…Negli ultimi 25 anni si sono verificati sporadici terremoti di magnitudo inferiore a Md 3.5 lungo l’alto strutturale e principalmente a profondità inferiori ai 15 km (vedi figura). Non sono presenti, all’interno del catalogo della sismicità strumentale, sequenze di terremoti ravvicinati nel tempo o sciami sismici. La sequenza sismica più importante avvenuta diversi chilometri a sud ovest dell’area è quella di Reggio Emilia (1996), con repliche che si sono protratte per circa un mese a seguito di un mainshock di ML> 5.0”.

Bene, siamo andati oltre questa volta. Praticamente 6.0. Come si chiede Tizian, ma anche molti altri, cosa sarebbe successo se il deposito fosse stato costruito e operativo? Avrebbe retto? Oltre al potenziale danno umano, c’è da valutare un eventuale impatto su flora e fauna della zona. L’impatto ambientale.

La relazione continua nei suoi passaggi in riferimento al contesto sismico riportando:

4.3.3.1 Analisi geologico-strutturale-sismologica della struttura di Rivara

E’ stato accertato (vedi figura) che la struttura di Rivara è costituita da una piega anticlinale fagliata, sviluppata a seguito della propagazione di un sovrascorrimento sepolto sotto la Pianura Padana. La struttura è ulteriormente frammentata al suo interno in più blocchi, secondo faglie o sistemi di faglie che vengono distinte in faglie di tipo compressivo (sovrascorrimento principale, splay e retroscorrimento) e ulteriori 2 sistemi di faglie (dirette), la cui natura però non viene indicata nel dettaglio. Il serbatoio dello stoccaggio è in posizione di alto strutturale ed è delimitato dal sovrascorrimento principale, dallo splay e dal retroscorrimento verso NE, NW e SW, ma non risulta chiaramente confinato verso SE. La conoscenza di tale assetto strutturale deriva principalmente dai rilievi di sismica a riflessione già realizzati da ENI entro gli anni ‘80 per l’individuazione di giacimenti di idrocarburi e dalla perforazione di alcuni pozzi profondi.

In particolare è stata evidenziata (ERS_04_0_00_R_SUO_01_00, ERS_04_0_00_R_UNI_01_00, ERS_04_0_00_R_DOG_01_00) l’interpretazione geologica di una linea sismica che attraversa l’area della concessione in senso SW-NE, sulla quale sono stati proiettati i pozzi Camurana 2 e Rivara 1 (vedi figura seguente)

Inoltre, a partire dall’interpretazione di tutte le linee sismiche disponibili sull’area è stato sviluppato il modello tridimensionale del sottosuolo, interpretando le linee a partire dagli orizzonti sismici e dalle faglie riconosciute. Interpolando ai nodi di una griglia e tramite apposito contouring, sono state

ricostruite le mappe strutturali in tempi doppi riferite agli orizzonti interpretati. Successivamente, operando la conversione nel dominio delle profondità, sulla base della curva tempi-profondità registrata con un check shot sul pozzo San Felice al Panaro 1 e delle velocità intervallari calcolate per gli altri pozzi presenti nell’area, sono state ottenute le profondità in metri dei vari orizzonti sismici. Da ciò discende il modello della struttura, ricostruito però solo per alcuni orizzonti che “delimitano dei gruppi di unità con comportamento geomeccanico comparabile (superficie topografica, top della scaglia, base delle Marne del Cerro, top Lumachella)”. La formazione delle Marne del Cerro a diretto contatto con le rocce del serbatoio costituisce il seal, cioè il sigillo superiore all’eventuale perdita di gas in corrispondenza del culmine del serbatoio, e mostra localmente uno spessore di soli 7 metri. Spessori comunque contenuti sono stati indicati anche nella maggior parte delle perforazioni eseguite nell’area (Camurana 2: spessore 6 m; Spada 1: spessore 26 m; Bignardi 1: spessore 49 m). La sequenza di copertura sovrastante, che è considerata impermeabile e in sovrapressione al pari delle Marne del Cerro, comprende la formazione della Scaglia Rossa, composta principalmente da termini calcarei con livelli marnosi e quindi a potenziale comportamento fragile in conseguenza di intense deformazioni tettoniche. Pertanto, tenendo conto di quanto dichiarato riguardo all’intensa fratturazione dei Calcari grigi di Noriglio, della Maiolica e delle successioni condensate giurassiche sottostanti, è verosimile che anche le Marne del Cerro e soprattutto la Scaglia Rossa possano essere interessate da fratture, anche se in minore entità. L’assunzione dell’impermeabilità della scaglia è basata sullo studio eseguito dalla Schlumberger per sviluppare il modello geomeccanico della struttura a partire dalle analisi petrofisiche e dai logs geofisici eseguiti lungo i pozzi profondi. Lo studio, che è stato condotto per verificare la possibilità di variazioni delle tensioniinterne alla struttura, tali da poter riattivare le faglie e danneggiare l’integrità della roccia di copertura, con il variare della pressione durante le fasi di iniezione del gas, ha concluso che non vi è rischio di rilievo né di riattivazione di faglie né di fratturazione significative delle rocce di copertura. In tale ambito si rimarcano però alcune considerazioni:

• dal confronto tra l’analisi petrofisica eseguita sul tratto 3,750-4,260 metri di profondità lungo il pozzo Spada 1 e il profilo dello stesso pozzo, si evince come all’interno della formazione della scaglia calcarea esistano dei livelli potenzialmente fratturati o almeno con una sensibile permeabilità di matrice. Pertanto, anche perché i dati di perforazione costituiscono sempre dei valori puntuali mentre la caratterizzazione dal punto di vista della permeabilità secondaria per fratturazione è una problematica da valutare alla scala del giacimento, sorgono alcune perplessità riguardo a quanto è stato asserito circa l’evidenza che: 

– la roccia di copertura, che includerebbe anche la Scaglia Rossa calcarea, abbia sicuramente un adeguato stato geomeccanico e un comportamento schiettamente plastico e impermeabile;

– la transizione tra roccia serbatoio e roccia di copertura sia effettivamente netta. In definitiva, sebbene la roccia del serbatoio sembra essere stata modellizzata dal punto di vista strutturale abbastanza compiutamente, per quanto riguarda le rocce che costituiscono la copertura (soprattutto la Scaglia) non sembra esserne stata verificata adeguatamente l’integrità strutturale e la continuità laterale.

• non è detto che sia realmente assicurata la tenuta nel fianco rovescio dell’anticlinale, dove è presente lo splay nel sovrascorrimento principale;

• la problematica relativa alla presenza, nella zona degli interventi, di terreni soggetti a possibile liquefazione in seguito al moto sismico non è stata definita con sufficiente dettaglio, considerando la presenza di strutture sismotettoniche attive;

• non è da scartare a priori la possibilità che, essendo presenti giacimenti di metano in posizioni limitrofe e non nella zona di Rivara, dove sono state rilevate solo perforazioni sterili, l’anticlinale in oggetto potrebbe non essere in realtà idonea a fungere da “trappola” per gli idrocarburi. 

Infine, è stata descritta una faglia diretta con rigetto circa 950 m nel fianco normale SW dell’anticlinale (§6.2 del documento ERS_02_C_AC_R_AMB_01_000), quindi con risvolti non banali sulla tenuta della struttura stessa, che non ha riscontro nelle varie sezioni interpretative elaborate, e potrebbe pertanto rappresentare un refuso da verificare.

Qui il link al documento della relazione.

Questi sono solo alcuni punti, inerenti all’aspetto sismico, ripresi dalla relazione. Ve ne sono altri che poi si focalizzano, come scrivevo sopra, all’aspetto ambientale, sociale e via dicendo.

Da sempre ho sentito dire che la zona della Pianura Padana, o almeno quella in cui io risiedo e che è poi quella colpita dal sisma, è ritenuta a medio-bassa pericolosità sismica. La mappatura sismica del paese viene stilata in base alla memoria storica e agli eventi che via via in epoca moderna sono stati studiati e registrati. Da oggi forse bisognerà ridefinirla e rivalutare per bene lo stato di sicurezza o esposizione a rischio sismico di tutti i siti individuati per opere del genere, dallo stoccaggio di gas, alle centrali nucleari passando per siti industriali e via dicendo. La questione sull’impianto non è ancora chiusa, da quel che ho capito. Ma dopo il terremoto, i morti, i feriti, i danni, una rivalutazione generale forse è d’obbligo.

Prima di tutto, prima degli interessi, vi è la sicurezza dei cittadini.

Questo post nasce da una segnalazione di Lorenzo Ravazzini (@lollosassuolo)

7 thoughts on “Quel deposito di gas nelle zone del #terremoto che #Giovanardi voleva

  1. Mi risulta che invece l’autorizzazione al sondaggio ed immissione sia stata concessa nel Febbraio 2012, esiste un documento del ministero dell’ambiente che autorizza, e pare che i lafori fossero già iniziati, ma questo non lo ammetterà mai nessuno…

  2. Al momento quel che è stato fatto è sostanzialmente l’attività di studio preliminare. Le operazioni hanno avuto una battuta d’arresto mesi fa, con il niet della Regione. Teniamo a mente che per ora quel che si sa viene da perforazioni esplorative e profili sismici realizzati molti anni fa da Agip, quando ancora si cercavano idrocarburi anche da queste parti.

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  5. Da sempre ho sentito dire che la zona della Pianura Padana, o almeno quella in cui io risiedo e che è poi quella colpita dal sisma, è ritenuta a medio-bassa pericolosità sismica. La mappatura sismica del paese viene stilata in base alla memoria storica e agli eventi che via via in epoca moderna sono stati studiati e registrati. Da oggi forse bisognerà ridefinirla e rivalutare per bene lo stato di sicurezza o esposizione a rischio sismico di tutti i siti individuati per opere del genere, dallo stoccaggio di gas, alle centrali nucleari passando per siti industriali e via dicendo. La questione sull’impianto non è ancora chiusa, da quel che ho capito. Ma dopo il terremoto, i morti, i feriti, i danni, una rivalutazione generale forse è d’obbligo.

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