La mia prima volta

Le tre verità:

La prima verità è che questo post, a discapito del titolo, non parla di sesso, ma di libri. Mi dispiace.

La seconda verità è che probabilmente lo spazio di un post non basterebbe a contenere quanto ci sarebbe da dire sull’argomento, e forse sarebbe più adatto un libro, un libro per parlare del primo libro.

La terza verità è che non voglio parlare esattamente della prima prima volta in cui ho aperto un libro per leggerlo, ma della prima volta in cui ho Letto, con la L maiuscola, un libro. E credo ci sia una bella differenza.

Come in tutte le cose c’è prima volta e prima volta, e non è detto che l’una escluda l’altra. Anzi!

C’è la prima volta in cui ancora acerbo e puzzolente di latte ti mettono un libro in mano, magari pieno di figure, magari uno di quelli pop up, di quelli che quando giri le pagine la figura si gonfia ergendosi davanti alla tua facciotta paffuta, e quella serve a metterti davanti al fatto che nella vita esiste tale strumento. Poi c’è la prima volta in cui, magari alle scuole, ti mettono in mano un libro, questa volta con le figure che rimangono incorniciate sulla pagina, ma accompagnate da testi brevi e a caratteri grandezza stile insegna della Coop. Un libro tipo Cipì. E quello serve a metterti di fronte al fatto che esistono strani geroglifici (ma tu ancora non lo sai che cosa siano i geroglifici, povera stella), trattini e lineette nere che tu imparerai a decifrare e a interpretare dandogli un senso logico, in grado anche di mettere in moto il cervello e di materializzare immagini nella tua mente man mano che proseguirai nell’operazione. E poi c’è la Prima volta in cui Leggi un libro. Quella che interessa a noi.

La prima volta in cui tu, autonomamente, decidi di prendere in mano questo strano oggetto per immergerti in quello che ha da dirti, lasciandoti trascinare in quel turbinio di emozioni, immagini e sensazioni che solo un libro, io credo, può regalarti. E’ come nel sesso. C’è prima volta e prima volta. C’è la prima volta in cui ti misuri fisicamente con un partner, e fai sesso, e la prima in cui con un partner fai l’amore. L’atto pratico è lo stesso, sono l’approccio e le implicazioni che cambiano e ti cambiano poi per sempre. A quel punto, scalato il gradino, non si torna indietro e il mondo che ti si apre cambia la tua percezione delle cose.

Dunque, dicevo del Primo Libro. Avevo sei anni su per giù, forse qualcosina in più. Ed ero a casa con la febbre, ma non stavo così male fisicamente da non riuscire ad interagire col mondo. Preso dalla noia – e un bambino a quell’età, lo sappiamo, si annoia di tutto dopo cinque minuti e ogni cinque minuti- mi alzai dal letto e andai a rovistare nel baule che stava nel corridoio che separava la zona giorno da quella notte. Non lo avevo mai aperto quel baule, e quindi non immaginavo minimamente quello che ci avrei trovato dentro: Libri! Libri ancora incelofanati, libri che, avrei scoperto poi in seguito, erano stati in parte regalati dai parenti nei due anni precendenti (“ma legge già tuo figlio? Ha 3 anni!”. Certo un volumone più pesante di me da 200 pagine spesse era esattamente quello che mi aspettavo a tre anni, come se il pongo o le macchinine non contassero una cippa per un povero maschietto in tenera età) e in parte accumulati dai miei tra le memorabilie letterarie della loro infanzia.

Lo dirò sinceramente, fino a quel momento l’idea di aprire un libro per i fatti miei non mi aveva minimamente sfiorato, mai! Ma aprendo il coperchio di quel baule ero stato sopraffatto dalle illustrazioni di copertina che già di per se erano la porta su un mondo stupendo. Mondo narrato da strani signori con nomi tipo Salgari, De Amicis, Collodi o decisamente impronunciabili per me, come ad esempio Alexandre Dumas, o Ferenc Molnár, e ancora London, Twain, Stevenson, Kipling, Roald Dahl. Insomma, nulla di eccezionale, i classici autori che si regalano ad un bambino che si appresta a crescere. Erano tutte edizioni con caratteri che sarebbero risultati troppo grandi anche per la mia zia ormai centenaria. Ma ormai il patatrac era combinato.

Passai almeno venti minuti in bilico sulla pancia, con la testa completamente immersa in quello strapiombo colmo di disegni e lettere. Non volevo prenderne uno a caso. In fondo ero consapevole che quello sarebbe stato il mio Primo, con la P maiuscola. Esercitavo per la prima volta quella che potremmo definire la mia “autodeterminazione culturale”. E benchè non sapessi all’epoca dell’esistenza di un concetto quale quello di autodeterminazione ero comunque, nel mio cervello di pupo, arrivato ad una sorta di conclusione simile, se simile può definirsi la visione del concetto vista da un bambino in relazione a quella espressa ai più alti livelli intellettuali. E poi dicono che i bambini son tardi.

Appeso al bordo del Baule estrassi un libro sulla cui copertina spiccava un lupo orgoglioso in mezzo a quella che, se non ricordo male, era una distesa di neve. Mi rifugiai in camera e cominciai a leggere. Devo ammettere che la fatica fu molta, e che parecchi termini (molti, moltissimi) mi sfuggivano, ma l’idea, il contesto, la storia pian piano si facevano largo in quella che, anni dopo, tornando nella gelida foresta con la mente, avrei capito essere stata solo una mia visione del tutto personale del romanzo, a causa anche delle parole a me sconosciute e che, è bene dirlo, nel flusso del racconto erano fondamentali. Ma complice la fantasia, l’immaginazione, che subito andavano a completare quei buchi lasciati vuoti dall’acerba capacità di lettura, si trasformò in un viaggio avventuroso e mitico. Quello che insomma ci si aspetta faccia un romanzo. Ma in quei giorni di malattia il freddo lo percepivo ad ogni pagina, e non per la febbre, ma perché…

La cupa, tetra foresta premeva ai due lati del torrente gelato. Gli alberi spogliati dal vento del loro bianco manto di ghiaccio sembravano pendere uno verso l’altro, neri e sinistri, nella luce languente. Un gran silenzio regnava sulla pianura che era anch’essa una desolazione inanimata, immobile, e così solitaria e fredda da esprimere qualcosa di peggio della tristezza.

3 thoughts on “La mia prima volta

  1. Un’esperienza unica direi.. 🙂
    Non ricordo di preciso il primo libro Letto..ne ho divorati così tanti che oramai la mia memoria inizia a fare cilecca..ma posso capire perfettamente l’eccitazione nello stare in bilico su quel paradiso di pagine stampate.
    Continua così sempre.
    Fabio.

  2. Nemmeno io mi ricordo il mio primo libro letto e nemmeno guardato. Comunque da piccolo i libri me li portava mio zio. Sono ancora tutti lì, in una libreria nella casa in Liguria. Ogni tanto quando sono laggiù gli do un’occhiata, e allora affiorano ricordi. Ma non solo quei libri, anche quelli delle medie e del liceo.

  3. Probabilmente il primo libro letto era di fiabe. Invece ricordo bene “Zanna Bianca” e poi “Il richiamo della foresta” di Jack London che mi entusiasmarono e mi fecero scoprire il piacere della lettura.
    Conservo gelosamente quelli che per me sono stati i libri più significativi, che mi hanno regalato un viaggio fantastico, un’emozione, uno spunto di riflessione, una magica alchimia di pensieri, parole e vita e in qualche modo mi appartengono ancora.

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